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3 Giu

Oasi di Porto, una passeggiata tra storia e natura

Se sei arrivato in aereo a Fiumicino, durante l’atterraggio, affacciandoti dal finestrino, avrai notato un grande specchio d’acqua che si allarga proprio accanto all’aeroporto di Roma.

La stanchezza del lungo viaggio non ti ha ingannato: è proprio un lago esagonale!

Si tratta, per la precisione, di un bacino artificiale costruito ormai quasi duemila anni fa dall’imperatore Traiano allo scopo di dare alla Città Eterna un porto funzionale ed efficiente, dove far affluire le merci da tutto l’impero.

Intorno a esso, oggi si estende una splendida riserva dove storia e natura si fondono, dando vita ad un panorama unico nel suo genere.

Varca il cancello e addentrati insieme a noi tra la folta vegetazione che costeggia il lago per andare alla scoperta dell’Oasi di Porto. A guidarti lungo il percorso ci sarà una guida di Legambiente, pronta a raccontarti l’incredibile storia che si cela dietro questo luogo.

Facciamo un passo indietro e torniamo al giorno in cui l’imperatore Claudio decise di dare alla Capitale un grande porto marittimo.

Il Porto di Claudio: storia di una gigantesca opera fallimentare

Quando Roma era ancora lontana dal diventare una grande potenza militare ed economica, i traffici commerciali passavano per Ostia, il primo porto della città.

Là, alla foce del Tevere, approdavano navi provenienti da ogni dove. Una volta gettata l’ancora, le merci venivano scaricate per essere spostate su imbarcazioni più piccole che le avrebbero trasportate via fiume, risalendo la corrente, fino al cuore dell’Urbe.

Questo primo scalo portuale prosperò a lungo, almeno finché venti e maree non lo condannarono all’abbandono a causa del progressivo insabbiamento, che rendeva il porto impraticabile per le navi. Per porre rimedio a questa situazione, nel 42 d.C. l’imperatore Claudio ordinò la costruzione di un nuovo porto marittimo.

Sulla carta, il progetto era grandioso: un bacino largo 150 ettari, abbracciato da due moli ricurvi che si estendevano verso il mare, concepiti allo scopo di proteggere le navi dalla furia delle onde. All’imbocco del porto, sarebbe sorto un gigantesco faro, capace di rischiarare la rotta anche nelle notti più oscure.

Ci vollero più di vent’anni e migliaia di sesterzi per completare quest’opera, che venne inaugurata da Nerone.

Alla fine, però, fu un vero “buco nell’acqua”.

Nel 62 d.C., due anni prima della conclusione dei lavori, una tremenda tempesta marina colpì il bacino, dove erano alla fonda decine di imbarcazioni. Fu un vero disastro: circa 200 navi affondarono all’interno del bacino.

Nel giro di pochi anni, vennero alla luce tutti i problemi del porto imperiale di Claudio: era troppo grande ed esposto alle intemperie, incapace di offrire un approdo sicuro alle imbarcazioni.

Inoltre, occorreva sottoporlo continuamente a opere di manutenzione per contrastare gli effetti dell’insabbiamento, dovuto sia alla vicinanza della foce del Tevere che ai canali di collegamento con il fiume che servivano ad alimentare il bacino e a evitare il ristagno delle acque.

Il porto di Traiano: lo splendore prima dell’oblio

La soluzione del problema arrivò tra il 100 e il 112 d.C.

Servirono dodici anni di lavoro, infatti, per la costruzione del grande porto di Traiano, il cui bacino esagonale costituisce oggi il centro dell’Oasi di Porto, punto di attrazione per decine e decine di uccelli migratori e specie acquatiche.

L’idea “geniale” fu quella di riutilizzare parte delle infrastrutture edificate al tempo di Claudio, in particolare le immense banchine, per creare una rada esterna che proteggesse il porto vero e proprio, collocato in una posizione più arretrata.

Rispetto a quello voluto da Claudio, il porto di Traiano era più piccolo ma decisamente più funzionale. Si trattava di un impianto sicuro e moderno, dotato di tutte le attrezzature necessarie alle operazioni di attracco, carico e scarico di merci.

Con i suoi 33 ettari di ampiezza, poteva ospitare fino a 200 navi di grande tonnellaggio, le cui merci venivano stoccate nei magazzini in attesa di essere trasportate a Roma.

Intorno a questo grande polo, fondamentale snodo di traffici commerciali, nacque e si estese la città di Portus, l’antica antenata di Fiumicino.

Il Medioevo: la natura si riprende il territorio

Con la caduta dell’impero romano e le devastazioni portate dai popoli invasori, che più volte presero e distrussero Portus, il porto di Roma cadde nel più completo abbandono e divenne una grande cava di materiali.

I pochi superstiti si spostarono nell’area dell’Episcopio, meglio noto come Castello di Porto, piccolo borgo medievale ancora oggi esistente e visitabile.

Lentamente, la natura si riprese ciò che l’uomo le aveva sottratto: le acque, non più irregimentate, invasero di terreni, formando vaste paludi insalubri.

Arrivano i Torlonia: la bonifica e la nascita dell’Oasi di Porto

Per secoli, l’oblio avvolse quest’area, considerata inavvicinabile a causa della malaria che imperversava in questi luoghi.

Tutto cambiò nel 1856, quando Alessandro Torlonia, ricchissimo rampollo di una nota famiglia romana, acquistò la gigantesca tenuta di Porto, che comprendeva l’antico bacino traianeo o perlomeno quel che ne rimaneva.

Il principe aveva intenzione di ridare lustro e splendore a questo luogo, trasformandolo nella sua gigantesca villa di rappresentanza. Sarebbero stati necessari imponenti lavori di bonifica per realizzare quell’ambizioso progetto.

Alessandro, tuttavia, sapeva esattamente come procedere.

Sua eccellenza il principe Torlonia, infatti, era reduce da un’altra impresa di vasta portata: il prosciugamento del lago del Fucino (o lago di Celano), con il quale aveva strappato alle acque ettari ed ettari di terra coltivabile.

Le avanzate tecniche di bonifica utilizzate in Abruzzo, nel territorio marsicano, vennero quindi applicate anche qui per liberare il terreno e ripristinare il porto esagonale, riportandolo al suo aspetto originario.

Le operazioni vennero, però, completate soltanto a inizio Novecento per volontà di Giovanni Torlonia, che intraprese anche lo scavo delle antiche strutture portuali, riportandone alla luce i resti ormai dimenticati.

Egli fece anche convogliare le acque del Tevere in modo da riempire nuovamente il bacino, ormai lago artificiale.

Nel 1993, la famiglia Sforza Cesarini, erede dei Torlonia, aprì al pubblico una parte della tenuta, corrispondente all’odierno parco naturalistico dell’Oasi di Porto, che con la sua grande area umida attira una cospicua fauna, composta soprattutto da uccelli migratori, visibili in diversi periodi dell’anno: anatre, tuffetti, svassi, aironi, folaghe, cormorani…

Con un po’ di fortuna, è possibile anche incontrare dei daini, parte di una piccola colonia che abita nel folto del bosco, lontano da sguardi indiscreti.

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Oasi di Porto: informazioni pratiche

L’Oasi di Porto si trova alle porte di Fiumicino, non lontano dall’Episcopio (o Castello di Porto) in via Portuense 2264.

Oltre il cancello c’è un ampio parcheggio gratuito, a disposizione dei visitatori.

È possibile visitare l’Oasi di Porto soltanto su prenotazione, scrivendo a info@oasidiporto.eu e specificando giorno e fascia oraria prescelta.

Come riportato sul sito ufficiale dell’Oasi, per la stagione 2023-2024, l’Oasi è aperta soltanto la Domenica con ingresso alle 10.30 oppure alle 12.30. La visita ha la durata di circa 1 ora e mezza, con una sosta intermedia presso la Casetta delle Anatre, una piccola zona ristoro dove è possibile prendere un caffè mentre si ascolta la spiegazione della guida.

Il costo del biglietto è diverso a seconda della fascia d’età:

  • adulti, 12 euro
  • bambini fino a 5 anni, gratis
  • bambini dai 6 ai 10 anni, 5 euro
  • bambini e ragazzi dagli 11 ai 18 anni, 8 euro
  • over 65, 10 euroSe sei interessato alla visita dell’Oasi di Porto, faccelo sapere. Cercheremo di prenotarla a tuo nome

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